Norman Maclaren- Pas de deux pt2- 1967
Fabrizio Pizzuto | 25/11/2010La seconda parte del video. Il corpo e il video si fanno sempre più quadro in movimento, immagine sognata, trasognata, disinvoltamente vicina, terrena, eppure onirica.
La seconda parte del video. Il corpo e il video si fanno sempre più quadro in movimento, immagine sognata, trasognata, disinvoltamente vicina, terrena, eppure onirica.
Piccolo capolavoro del regista canadese, nato in Scozia. In questo lavoro del 1967 già i suoi interessi iniziano a spostarsi verso il corpo e la danza. Il film parte da una coreografia di Ludmilla Chiriaeff e si sviluppa in un raro unico che vede musica, corpo, danza e sperimentazione dell’immagine amalgamati in maniera affascinante. Il corpo si moltiplica col suono e col movimento, l’eleganza dell’immagine fa da sfondo alla grazia del movimento. L’attrazione esercitata è ipnotica.
Jan Dibbets nasce a Weert, in Olanda, nel 1941. Sicuramente uno dei principali esponenti dell’arte concettuale europea. Vive e lavora ad Amsterdam, ma ha eseguito opere concettuali in parchi, giardini e spiagge europee, sopratutto a Londra. In questo lavoro del 1971, ora parte della collezione del MOMA egli condensa un fatto tanto quotidiano, quanto straordinario, in una poetica esperienza. La luce del sole che filtra dalle persiane in un loop di 5 secondi.
“Alla Biennale di Venezia, mentre proiettavano Anna, Stefano veniva tenuto fuori dal cinema dalla polizia perché era ubriaco e urlava le stesse cose che dice, ubriaco, nel film. Nel cinema il pubblico applaudiva la sua immagine mentre lo faceva cacciar fuori dalla sala perché in carne ed ossa disturbava. Quegli spettatori impegnati (…) non sono molto diversi dai questurini che guardano un film come uno schedario da far coincidere con un identikit, col solo interesse di incriminare qualcuno.” A. Grifi
Bargellini interveniva sullo sviluppo e sulla stampa della pellicola, alterandola a piacimento e intervenendo a modificare l’illuminazione in porzioni di spazio. Quello che ottiene è un lavoro la cui composizione estetica si situa a metà strada esatta tra la luce, intesa come una entità in se, il mondo reale che è stato ripreso e l’esistenza fattiva e materiale di un supporto, la pellicola, che può essere modificato. Tutto viene percepito come una composizione unica.
In Piero Bargellini, il trattamento della pellicola è parte essenziale del video, ne diventa il rumore, lo stato d’animo, la forza poetica. In Stricnina il cineasta sperimentale pare omaggiare a tratti i Lumiére o le vagues pre-sessantottine. I cieli, le atmosfere, la vita quotidiana, però, incontrano il “di qua” della pellicola: i graffi, i colori, il disco che gira. Ne viene fuori un lavoro di grande forza espressiva.
Tra le pietre più importanti del détournement visivo e del ready made: il montaggio casuale e improbabile di trenta minuti di film di Hollywood più una ripresa di Marcel Duchamp. La trama si svolge per motivi probabilistici e casuali, come agglomerato e conglomerato di tutte le trame, dato da materiale di scarto salvato dal macero.
Il video della canzone Sonne statt Reagan di Joseph Beuys, che significa sia il sole al posto della pioggia, che il sole al posto di Reagan si situa all’inizio degli anni Ottanta, e si vede. Beuys in questo caso cerca di identificarsi non tanto col “nemico”, ovvero con la tv o con l’americanismo reaganiano liberista e retorico, di cui usa il linguaggio e i media comunicativi; ma addirittura con la stessa passività di esso e della tv: la retorica comunicativa è qui esibita paradossalmente addirittura più che non semplicemente usata.
Sono stati a lungo introvabili poichè non distribuiti in Italia nè in pellicola nè in videocassette nè in dvd i lavori del regista e sceneggiatore ceco Jan Svankmajer. Nato nel 1933, si considera un autore surrealista. Scoperto dagli americani solo alla fine della guerra fredda ha influenzato registi come Terry Gilliam, Tim Burton, o i fratelli Quay, per dirne alcuni. Il giornalista del New Yorker Anthony Lane scrisse di lui: “Il mondo si divide in due categorie di diversa ampiezza... quelli che non hanno mai sentito parlare di Jan Švankmajer e quelli che hanno visto i suoi lavori e sanno di essersi trovati faccia a faccia con un genio.”
Video-maker statunitense nato nel 1933, Stan Brakhage verrà a mancare nel 2003 dopo aver influito su larga parte degli sperimentatori video del nostro secolo. Da aspirante soprano (da piccolo si è perfino esibito alla radio), a aspirante poeta: Brakhage dichiarò di aver deciso di voler fare poesia con le immagini solo dopo aver visto a scuola l’Orfeo di Cocteau. La maggior parte dei suoi lavori sono in pellicola 8mm, e 16 mm, che egli talvolta graffia o dipinge a mano. Mothlight è un lavoro del 1963. Sulla pellicola sono state incollate ali di insetti, foglie e rametti.
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