Giulio Squillacciotti – Tre domande
Fabrizio Pizzuto | 22/09/2010
- Qual è il tuo processo di creazione? parti da un’immagine o da un idea? o da altro?
Partendo dal presupposto che il risultato formale dei miei lavori varia sempre, direi che i punti di partenza sono sempre delle pulsioni, delle necessità di indagine (narrativa, fittizia, reale, immaginifica, concreta, estetica) che hanno nel loro sviluppo l’attenzione più alta. I processi e le fasi che le riguardano costituiscono il lavoro in sé. La trasmissione definitiva (il prodotto, l’oggetto fruibile), come ho già detto, varia, e si costruisce nel mentre, di pari passo con le riflessioni. Raramente ci sono dei parametri formali rispetto ad un lavoro, la tecnica è importante, ma è subordinata al discorso, seppure mi accorgo alle volte sia difficile da evincere.
- Ci sono delle influenze interdisciplinari molto importanti nei tuoi video? ad esempio la musica, il cinema, la pittura?
Ho suonato il violino per 15 anni e la batteria da autodidatta per quasi altrettanti. Direi quindi che la musica (non necessariamente da intendere in termini compositivi, ma come questione di struttura, di sintassi) gioca un ruolo fondamentale. Ho usato la fotografia da quando ero piccolo, quindi le questioni di tecnica della luce ed architettura della composizione vengono da lì.
- Quali video maker o registi ti hanno influenzato?
L’idea di avere possibilità infinite, di poter fare come si vuole cioè – oltre che dalla formazione adolescenziale nella scena Hardcore – l’ho acquisita da Jem Cohen o Elia Kazan o Mark Lewis.