STAN BRAKHAGE | Dog Star Man | 1961 | 74”
Redazione videoPILLS | 10/04/2013de il7 – Marco Settembre
Stan Brakhage (Kansas City, 1933 – Victoria, 2003). A partire dai suoi film dei primi anni ’50 Stan Brakhage è divenuto un nume tutelare della cinematografia sperimentale americana, con all’attivo oltre quattro decadi di prolifica attività, un saggio fondamentale, “Metaphors on vision”, del 1964, ed il postumo “Telling Time: Essays of a Visionary Filmmaker”. L’immaginario di Brackage, nutrito dei film di Jean Cocteau, Ejzenstein e del neorealismo e radicato nell’e-stetica romantica, è dispiegato in un processo artistico che include immagini ondeggianti, riprese ravvicinate, dissolvenze incrociate, lenti distorcenti, ma anche graffi e interventi pittorici direttamente sulla pellicola, ed assume una valenza visionaria ed epica creando metafore ricche di senso.
“Dog Star Man” (incluso nel 1992 nel National Film Registry) è una pietra miliare nella storia del film d’avanguardia perché evoca temi al contempo mitico-archetipici e cosmici, caricati di risonanze mistico-spiri-tuali dovute all’interesse per le filosofie orientali tipico degli anni della Controcultura giovanile in cui fu realizzato, ma anche alla coeva psichedelìa nonché all’uso di allucinogeni, allora concepiti come mezzo psicotro-po per l’allargamento delle “porte della percezione” (espressione di William Blake, ripresa da Aldous Huxley). L’artista, in sequenze astratte e in assenza di commento sonoro, richiama cosmologicamente la creazione del mondo e la formazione delle galassie attraverso immagini di eruzioni solari, ma anche – passando dal macrocosmo al microcosmo – dimensioni più intime, che ricoprono di una dimensione percettiva ultraterrena anche le scene ed i dettagli di ambienti naturali e domestici (in quel periodo era tornato in Colorado, a vivere tra le montagne) compresi gli affetti – il cane, la moglie, il bambino – che risultano anch’essi presi nel clima simbolico che permea l’opera. Questa si pone come un autentico poemetto visivo, articolato in un Prologo e quattro Parti, in cui le speri-mentazioni, tutte manuali o apportate tramite la modifica delle lenti, concorrono a comporre una potente suggestione comparabile con quella che deriva dalla poesia di William Blake. Dog Star Man evoca in effetti un percorso iniziatico dell’Uomo (si coglie lo stesso artista durante una dura arrampicata in una foresta innevata) con testimoni il cosmo ed i quattro elementi, mostrando, nelle diverse fasi, l’Azione, la Rigenerazione, l’Amore e la Fertilità, ed infine la Morte come lente attraverso cui esperiamo la limitatezza della Vita.