SALVATORE INSANA | Fill up the space | 2012 | 4’10″
Redazione videoPILLS | 25/06/2013de il7 – Marco Settembre
Salvatore Insana (Oppido Mamertina (RC), 1984), laureato con lode al DAMS nel 2010 con una tesi sul concetto di inutile, con coerenza esemplare ha dato centralità all’idea dell’indipendenza dell’Arte dalle con-venzioni e dalle funzioni supposte necessarie dall’economia delle attività umane. Fuori dalla logica del profit-to ma teso a ripercorrere e ricombinare le linee direttrici dei tanti maestri incontrati di persona o nelle pagine di testi fondamentali, Insana procede senza limitazioni valorizzando ogni elemento della sua ricerca. È quindi senza timore di dispersione che si impegna sia sul versante critico (recensendo l’opera altrui su siti come Taxi Drivers, MArte Magazine e Zero), sia sul piano della scrittura (speculando liberamente su tutto con gra-zia e profondità sul suo blog workinregress), sia nella produzione visiva multimediale (fotografia, videoarte, videoteatro fondando la compagnia Dehors/Audelà fondata nel 2011 con Elisa Turco Liveri, attrice e perfor-mer, e collaborando assiduamente con il MetaTeatro di Pippo Di Marca).
“Fill up the space” appare piuttosto paradigmatico rispetto alla poetica del suo autore, esibendo l’attenzio-ne agli aspetti fuggevoli, casuali, fantasmatici eppure rivelatori delle cose e soprattutto del passaggio uma-no sulla terra, in un lavoro notevole al tempo stesso per il suo appeal squisitamente estetico. La opalescente fluidità in cui sembrano sciogliersi sinapsi neuronali è in realtà la coordinazione “costruita” dei movimenti di un gruppo di danzatori che provano una coreografia, ma poi diventa il malinconico ed ipnotico flusso “alieno” di figure che si fondono l’una nell’altra come macchie di Rorshack di una psichedelìa rivista e corretta in chiave algida ed elettrochimica nella suggestione, quasi a voler alludere allo sciamare disumanizzato di nuo-ve genìe di uomini della modernità liquida (Bauman) e oltre, un’invasione di post-umani larvali, programmati appositamente per farsi ombre da custodire in memorie digitali. Più radicalmente, il video si pone come e-semplificazione “sintetica” in tutti i sensi, di un’occupazione virale dello spazio da parte di forme e suoni (questi ultimi sono ambient e noise insieme), una speculazione astratta e molto elegante che prescinde dalla materialità e dall’individualità delle entità, così come pone al bando ogni forma di narrazione in favore della pura elaborazione audiovisiva.
il7 – Marco Settembre