de il7 – Marco Settembre
Hollis Frampton (Ohio, 1936 – New York, 1984) ebbe il cammino segnato da quando a 9 anni gli fu regalata una fotocamera Kodak Brownie. La sua evoluzione lo portò a diventare un capofila del movimento cine-avanguardistico noto come “New American Cinema” e fiorente negli anni ’60 e ’70. All’università conobbe gli artisti Carl Andre e Frank Stella, ed in seguito, al termine di un lungo viaggio on the road per l’America, conobbe Ezra Pound. A New York inizia le sue serie fotografiche mostrando proprio la vita ed il lavoro dei suoi amici artisti Andre e Stella. Nel ’62 ottiene in prestito una Bolex 16mm e da allora inizia a lavorare (anche) come filmaker. Profondamente interessato allo “specifico” dei singoli media, da quelli tradizionali come la pittura e la scultura, a quelli tecnologicamente mediati come la fotografia ed il film, si spese soprattutto per elaborare e “risolvere” la tensione tra di essi, in particolare sciogliendo il film dal rapporto con l’”illusionismo” della pittura e con la “fisicità” della scultura. Le sue riflessioni sono contenute nel saggio “For a Metahistory of Film. Commonplace Notes and Hypoteses”. Brakhage scrisse di lui: “Sottopone il cinema alla tensione del linguaggio”; e con quest’ultimo lo filtra mostrandone la natura di codice e denunciando anche la labilità del ruolo dell’autore stesso che, al di là del proprio rigore, delega in parte allo spettatore le decifrazioni del gioco combinatorio.
“(nostalgia)”, primo dei 7 episodi di cui si compone la serie Hapax Legomena, è un lavoro fortemente auto-biografico e mostra una successione di foto che vengono una dopo l’altra bruciate su un fornello a piastra (in qualche modo “animate”) e illustrate (dalla voce del “collega” Michael Snow) con commenti che variano dal teorico al personale all’aneddotico. Mentre una fotografia brucia si ascolta il commento dedicato alla foto successiva, in un procedimento costruttivista disgiuntivo tra testo/suono e immagine/video che richiede allo spettatore uno sforzo di memoria il quale aggiunge, a questo lavoro che rappresenta un “rito di passaggio” tra fotografia e film nell’evoluzione dell’artista, il rimando al rapporto primario tra linguaggio e immagine e tra passato e anticipazione del futuro.
il7 – Marco Settembre